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Omesso versamento dell’IVA: la Corte costituzionale «alza la soglia» di irrilevanza penale del fatto

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La Corte Costituzionale si è espressa circa la disciplina penale sugli omessi versamenti IVA. Nella sentenza n. 80  depositata l'8 aprile 2014, boccia l'articolo 10-ter del Dl n. 74/2000 nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento dell'IVA per importi non superiori a 103.291,38 euro. Secondo i giudici: "La lesione del principio di eguaglianza è resa manifesta dal fatto che l'omessa dichiarazione e la dichiarazione infedele costituiscono illeciti incontestabilmente più gravi, sul piano dell'attitudine lesiva degli interessi del fisco, rispetto all'omesso versamento dell'IVA: e ciò, nella stessa considerazione del legislatore, come emerge dal raffronto delle rispettive pene edittali (reclusione da uno a tre anni, per i primi due reati; da sei mesi a due anni, per il terzo)".

Un contribuente che, per evadere l'IVA, presenta una dichiarazione infedele o non la presenta affatto, commette un fatto più grave rispetto a quello che, dopo aver presentato la dichiarazione, omette di versare l'imposta da lui stesso autoliquidata. Per la Corte, il contribuente che, per evadere l'Iva, presenta una dichiarazione infedele o non la presenta affatto «tiene una condotta certamente più "insidiosa" per l'amministrazione finanziaria - in quanto idonea ad ostacolare l'accertamento dell'evasione (e, nel secondo caso, a celare la stessa esistenza di un soggetto di imposta) - rispetto a quella del contribuente che, dopo aver presentato la dichiarazione, omette di versare l'imposta da lui stesso autoliquidata (omissione che può essere dovuta alle più varie ragioni, anche indipendenti da uno specifico intento evasivo)». Ecco perchè appare frutto di una "discrasia" nell'ottica del principio di uguaglianza fissato dall'articolo 3, l'impianto penale e sanzionatorio connesso all'evasione dell'Iva applicabile agli illeciti anteriori al 17 settembre 2011 (proprio in questi giorni stanno arrivando in Cassazione vicende giudiziarie relative all'anno d'imposta 2006) e viene perciò accolto il rilievo sollevato dal Tribunale di Bergamo che ha denunciato l'illegittimità dell'articolo 10-ter del decreto 74 «nella parte in cui prevede, per l'omesso versamento dell'Iva, una soglia di punibilità inferiore a quelle stabilite per la dichiarazione infedele e l'omessa dichiarazione dagli articoli 4 e 5 del medesimo decreto legislativo, prima delle modifiche apportate dal Dl n. 138 del 2011 (rispettivamente, euro 103.291,38 ed euro 77.468,53)».

In effetti, osservano i giudici costituzionali, la strategia politico-criminale del decreto 74 era quella di focalizzare l'intervento repressivo soprattutto sulla fase dell'"autoaccertamento" del debito di imposta, ossia della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Fino al 17 settembre 2011, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte dal Dl n. 138, si punisce così l'omesso versamento dell'Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale, per importi superiori, per ciascun periodo di imposta, a 50.000 ma non a 77.468,53 euro. Mentre la dichiarazione infedele e l'omessa dichiarazione diventano penalmente rilevanti solo nel caso di superamento di una soglia, riferita all'imposta evasa, rispettivamente di 103.291,38 e di 77.468,53 euro. Da ciò sarebbe derivata - e deriverebbe tuttora, in virtù della data di commissione del reato - una conseguenza «paradossale». Infatti, «se l'imputato, in luogo di presentare regolarmente la dichiarazione Iva e non versare l'imposta dovuta in base ad essa (per esempio per una somma di 58mila euro), avesse omesso di presentare la relativa dichiarazione, non si sarebbe reso responsabile di alcun reato, non risultando superata la soglia di punibilità».

 

 

01 | L’OMESSO VERSAMENTO  IVA

L’omesso versamento di Iva  è punibile penalmente se non si versa un’imposta superiore a 50.000 euro per ciascun periodo d’imposta. La reclusione va da sei mesi a due anni (articolo10-terdelDlgs 74 del2000).

 

02 | L’INFEDELE DICHIARAZIONE

Prima delle modifiche introdotte dal Dl 138/2011 scattava l’infedele dichiarazione (articolo 4) quando congiuntamente:

a)l’imposta evasa era superiore, con riferimento a una singola imposta ,a 103.291,38 euro;

b)l’ammontare degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, era superiore al 10% di quelli dichiarati o era superiore a 2.065.827,60 euro.

La reclusione è da uno atre anni. Dal 17 settembre 2011 le soglie sono diventate rispettivamente: 50.000 e 2 milioni di euro.

 

03 | L’OMESSA DICHIARAZIONE

L’omessa presentazione della dichiarazione (articolo 5), prima delle modifiche apportate dal Dl 138 del 17 settembre 2011, si determinava quando l’imposta evasa era superiore a77.468,53. La soglia è stata abbassata dal 2011 a 30 mila euro. La reclusione è da uno a tre anni.

 

04 | LA DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA

La dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2) è sanzionata con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Nel caso di indicazione di elementi passivi fittizi inferiori a 154.937,07 euro, la reclusione era, fino al 17 settembre 2011, da sei mesi a due anni. Da questa data è stata abrogata l’attenuante: in ogni caso la reclusione è da un anno e sei mesi a sei anni.

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Redazione di Rete Commercialisti